Al Sindaco Comune di Città della Pieve
Al Presidente del Consiglio
Comunale
e p.c. ai Consiglieri Comunali
MOZIONE: “Individuazione
limiti insediativi degli impianti per la produzione di energia da biomasse e
biogas”
PREMESSO
CHE
È divenuto necessario, se non che
doveroso da parte dell’Amministrazione Comunale una ponderata regolamentazione
dei sovracitati impianti, al fine di evitare ulteriori criticità perseverando nel gap amministrativo, ed in
primo luogo, al fine di allineare, delineare ed integrare gli eventuali
insediamenti tutelando la salute dei cittadini, tutti, e nel rispetto degli
obiettivi, delle prospettive e dei valori territoriali puntualmente individuati
nel P.RG., Titolo I Disposizioni Generali – Capo I Norme Generali, art. 3
“Strategie per il governo del territorio” che al punto 1. Si prefigge di
“tutelare i valori produttivi, paesaggistici ed ecologici del territorio, nello
spirito di costruire un equilibrato sviluppo tra ambiente naturale ed ambiente
antropico”.
TENUTO
CONTO CHE:
la Costituzione Italiana all’art.32
“tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività”;
la Costituzione Italiana sancisce
all’art. 41 che “L’iniziativa economica privata … Non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza …” e
che “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali”;
i fattori ambientali locali, economici
e culturali hanno un ruolo importante nella definizione degli schemi di
bio-energia e il Comune deve tenerne conto nella pianificazione territoriale
che gli compete, come già avvenuto in plurimi Comuni Umbri che hanno provveduto
a disciplinare la materia de qua, con
norme limitative degli insediamenti d’impianti a biomasse e biogas (cfr. ex plurimis: Castel Giorgio, Fossato di
Vico, Arrone, Valfabbrica, Fabro);
a mente dell’art. 117, secondo comma,
lettera p), della Costituzione, lo
Stato ha legislazione esclusiva in materia di “funzioni fondamentali dei Comuni, Province e Città metropolitane”, mentre
il successivo art.118 della Costituzione precisa che i Comuni e le Province
sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con
legge statale o regionale. La legge 1150 del 1942 attribuisce, a sua volta, ai
Comuni la funzione della pianificazione urbanistica, stessa previsione contiene
per i Comuni e le Province la Legge Regionale n.11 del 2005. Inoltre, l’art.14,
comma 27, del D.L. 31 maggio 2010 n.78 (convertito in legge 30 luglio 2010,
n.122) stabilisce che “sono funzioni fondamentali dei comuni, ai sensi
dell’art.117, secondo comma, lettera p)
della Costituzione: … d) la
pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale, nonché la
partecipazione territoriale di livello sovra comunale”. Pertanto, lo stesso
art.12, comma 4, del Regolamento Regionale 7 del 2011, “Disciplina regionale per l’installazione di impianti per la produzione
di energia elettrica da fonti rinnovabili”, prevedendo la prevalenza del
medesimo regolamento sugli strumenti urbanistici e su ogni altra disposizione
dei Comuni e delle Province, si pone in evidente contrasto con gli art.117 e
118 della Costituzione, con la Legge 1150 del 1942 e con la Legge Regionale 11
del 2005 e, in quanto tale, va disapplicato;
la Convenzione di Stoccolma del 2001,
trascritta nel regolamento 850/2004/CE prevede di prevenire o, qualora
impossibile, ridurre l’emissione di una serie di inquinanti persistenti e di
favorire a parità di prodotto la tecnica o la tecnologia meno impattante dal
punto di vista della sostenibilità e dell’inquinamento;
il D.L. 29 dicembre 2003, n.387
attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia
elettrica prodotta da fonti rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità
precisa all’art.12 comma 7 che “nell’ubicazione si dovrà tener conto delle
disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare
riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla
tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio
rurale”, concetto altresì ribadito nel D.M. 10 settembre 2010, Parte IV
paragrafo 16.4;
la Convenzione di Aarhus del 25 giugno
1998, ratificata in Italia con la Legge
n.108 del 16 marzo 2001 sancisce “la necessità di salvaguardare, tutelare e
migliorare lo stato dell’ambiente e di assicurare uno sviluppo sostenibile e
senza rischi per l’ambiente, riconoscendo che un’adeguata tutela dell’ambiente
è indispensabile per il benessere umano e per il godimento dei diritti
fondamentali, compreso il diritto alla vita. Riconoscendo altresì che ogni
persona ha il diritto di vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute
e il suo benessere e il dovere di tutelare e migliorare l’ambiente
individualmente o collettivamente, nell’interesse delle generazioni presenti e
future“;
la L.R. 16 febbraio 2010 n.12, Norme di
riordino e semplificazione in materia di valutazione ambientale strategica e
valutazione di impatto ambientale, in attuazione dell’art.35 del D.L. 3 aprile
2006, n.152 (Norme in materia ambientale) e successive modificazioni ed
integrazioni all’art.1 comma 2 determina che “la Regione Umbria riconosce la
necessità di conformare le proprie politiche ambientali a detti principi per
garantire, in particolare, che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni
attuali non comprometta la qualità della vita delle generazioni future.” Nella medesima L.R. art.2, comma 1, lettera h) si individuano i soggetti
competenti in materia ambientale: “ la Regione, gli Enti locali, le
Amministrazioni statali e ogni altro soggetto pubblico che per funzioni e
responsabilità in campo ambientale e di governo del territorio sono interessati
agli impatti sull’ambiente dovuti all’attuazione del piano o programma o del
progetto”;
CONSIDERATO CHE:
la costruzione di un impianto a
biomassa o biogas implica necessariamente un peggioramento della qualità
dell’aria, in contrasto quindi con la Normativa Europea che prevede di
“mantenere la qualità dell’aria ambiente, laddove buona, e migliorarla negli
altri casi” (Decreto Legislativo 155/2010 - 2008/50/CE);
il “Principio di Precauzione” sancito
nel 1992 dalla Convenzione di Rio de Janeiro e inserito nel 1994 nel Trattato
dell’Unione Europea “in base al quale un
prodotto o un processo produttivo non vanno considerati – come si è fatto
finora – pericolosi soltanto dopo che è
stato determinato quanti danni ambientali, malattie e morti producono, ma al
contrario, possono essere considerati sicuri solo se siamo in grado, al di là
di ogni ragionevole dubbio, di escludere che possano presentare rischi rilevanti
e irreversibili per l’ambiente e per la salute”;
“Attraverso la combustione il materiale
non viene eliminato, ma trasformato in un materiale più facilmente diluibile in
atmosfera e quindi respirabile, il Particolato Materico. Il PM 10 è respirabile
e si ferma alle prime vie respiratorie. Il PM 2,5 attraversa i bronchi, arriva
fino a livello polmonare e può anche essere riscontrato all’interno del fluido
ematico. Il PM 0,1 può permeare la membrana cellulare e la membrana nucleare, a
diretto contatto con il materiale genomico. La molecola di DNA è avvolta in un
groviglio proteico che si chiama epigenoma. La funzione di questa cella di
contenimento è quella di captare le informazioni che vengono dall’esterno ed ha
inoltre la capacità di decidere quali geni delle molecole del DNA devono essere
avvicinate per produrre altre molecole, di solito molecole proteiche.
Consideriamo però che alcune molecole proteiche sono ormoni, la molecola di
diossina ha una forma in grado di mimare gli estrogeni, a concentrazioni di
ordine del microgrammo, quindi serve a poco sapere le quantità prodotte, se
basta quel 0,1 per colpire il corpo biologico. Questa modificazione può
mostrare i suoi effetti per generazioni e non si limita alla patologia
tumorale, ma per tutte le patologie cronico-degenerative, che sono diventate,
al posto delle infettive, le patologie che più ci investono e preoccupano.” 1 Inoltre i
“Gas e vapori che vanno
a costituire la sostanza dei fumi di risulta; fumi tanto più ricchi di
particolato fine ed ultrafine (il più piccolo e per ciò stesso più nocivo e
penetrante) quanto più alta sarà la temperatura di trattamento e quanto meno
efficaci saranno i filtri adottabili a sbarramento delle emissioni. Ritengo sia
comunemente intuibile che un filtro anti particolato (F.A.P.) capace di
intercettare una materia così frammentata da raggiungere il diametro di 0,1
micron (ultrafine particulate matter o P.M. 0,1) dovrebbe essere costituito da
una trama tanto fitta da meritare la denominazione comune di "tappo".
1
1 Dott. Maurizio Venezi, medico
omotossicologo membro di I.S.D.E. Italia e Presidente della sezione I.S.D.E.
Perugia. Società scientifica riconosciuta
a livello internazionale da O.M.S. e O.N.U.
in merito alla modificazione
dell’epigenoma indotta dall’esposizione all’inquinamento da particolato
atmosferico, la pericolosità, la nocività ed il rischio sanitario incalcolabile
a cui andiamo incontro noi e le generazioni future, nello specifico, si è
arrivati ad ipotizzare addirittura modificazioni genomiche fino alla terza
generazione. E dagli studi è emerso che le fasce a maggior rischio sono i
bambini, donne in età fertile, donne in gravidanza con conseguente trasmissione
al feto, ma in generale tutti, tant’è che i primi studi che hanno permesso di
osservare le importanti modificazioni della metilazione erano stati eseguiti su
uomini. 2
2 Carmona JJ, Sofer T, Hutchinson J,
Cantone L, Coull B, Maity A, Vokonas P, Lin X, Schwartz J, Baccarelli AA. Short-term airborne parti culate matter exposure
alters the epigenetic landscape of human genes associated with the
mitogen-activated protein kinase network: a cross-sectional study. Environ
Health. 2014 Nov. 13;13:94. doi:
10.1186/1476-069X-13-94.
“Nei fumi che si producono con la combustione del legno sono presenti
numerose sostanze tossiche e cancerogene: benzene, formaldeide, idrocarburi
policiclici aromatici (IPA), diossine, polveri fini e ultrafini. I fattori di
emissione disponibili dimostrano come, a parità di energia prodotta, le
centrali termoelettriche alimentate a legna inquinino molto di più di quelle a
gas naturale … Questa rassegna bibliografica ha ampiamente documentato
come la comune percezione che la legna sia un combustibile “pulito” non sia
supportata da fatti documentati... I fattori d’emissione al momento
disponibili, concordano con il fatto che, a parità d’energia prodotta, sia con
impianti domestici sia industriali, combustibili fossili quali l’olio
combustibile, ma ancor più il metano e il gas naturale, hanno un impatto
sull’ambiente nettamente inferiore a quello prodotto dalla combustione di
biomasse, anche quando si adottano le migliori tecnologie, oggi disponibili,
per la combustione e il trattamento fumi. La conoscenza della tossicità delle
emissioni in atmosfera e la possibile contaminazione delle ceneri prodotte
devono obbligatoriamente far parte dei criteri che i vari Paesi intenderanno
adottare per incentivare l’uso energetico di biomasse, in particolare quelle
ligno-cellulosiche … Segnaliamo, a riguardo, una nota pubblicata su Science
(Searchinger TD, SP Hamburg, J Melillo, W Chameides, P Havlik, DM Kammen, et
al. Fixing a Critical Climate Accounting Error. Science
2009;326(5952):527-528.) in cui si esprimono dubbi che l’uso di biocombustibili
contribuisca a ridurre le emissioni di gas serra in quanto, per esempio, nelle
valutazioni al tempo effettuate, non erano state conteggiate le emissioni di
gas serra nelle fasi di produzione e raccolta delle biomasse. Altre perplessità,
sempre su Science, sono state espresse riguardo ai metodi più efficaci per
ridurre le emissioni di gas serra: conservare e recuperare nuove aree forestali
potrebbe ottenere risultati migliori di quelli raggiungibili utilizzando bio
carburanti …La combustione diretta di biomasse legnose, a causa della tossicità
dell’emissioni e del basso potere calorifico di questi combustibili, non
risulta poter essere un’alternativa ambientalmente valida ai combustibili
fossili se non si riuscirà a ridurre le loro emissioni di polveri fini e
ultrafini, IPA e PCDD/Fs, da impianti domestici e industriali, agli stessi
valori presenti nell’emissioni di analoghi impianti alimentati con metano.” 3
3 “Impatti ambientali e sanitari prodotti
dalla combustione di biomasse legnose per la produzione di calore ed
elettricità” Prof. Federico Valerio, Direttore del Dipartimento di
Chimica Ambientale dell’Istituto Tumori di Genova e Responsabile scientifico
dell’Osservatorio Salute - Ambiente
nel
2010 L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato
come possibile cancerogeno per l’uomo (gruppo 2A) le emissioni conseguenti alla
combustione di legna;
altro
inquinamento da non sottovalutare è quello derivato dalle ceneri prodotte. Da una pubblicazionescientifica datata 2005 (pubblicata da Demirbas A., 2005, Potential
applications of renewable Energy sources, biomass combustion problems in boiler
power systems and combustion related environmental issues. Progress in Energy and Combustion
Science, v. 31, iss. 2,
p. 171-192) si
evince che, il contenuto di cadmio, cromo, rame, piombo e mercurio delle ceneri
volanti derivanti dalla combustione di particolari tipi di legname (quercia, faggio,abete)
è superiore addirittura a quella riscontrabile nelle ceneri volanti prodotte
dalla combustione di carbone. L’uso della cenere di legna come fertilizzante
può essere una soluzione solo al fine di evitare i costi del loro smaltimento,
ed è opportuno altresì verificare, in esse, la presenza e la biodisponibilità
di composti organici tossici quali IPA e PBC, rispettivamente Idrocarburi
policiclici aromatici e Policlorobifenili. Gli IPA sono classificati dallo IARC
e conseguentemente riconosciuti dall’Istituto
Superiore di Sanità, come probabili o possibili cancerogeni per l’uomo. I PCB
hanno un’elevata persistenza ambientale e la marcata lipofilicità gli
conferiscono un forte potenziale di bioaccumolo/biomagnificazione, la loro
tossicità è stata dimostrata su animali di laboratorio e sull’uomo in seguito
ad esposizione occupazionale ed accidentale. Anch’essi riconosciuti e
classificati da IARC e ISS come probabili cancerogeni per l’uomo. Vi sono
diversi studi che hanno verificato i livelli di contaminazione delle ceneri
prodotte da caldaie alimentate a cippato di legno, che registravano valori
superiori ai limiti imposti dalla Swedish Forest Agency per autorizzare il
riversamento nei suoli (per citarne uno,
nel caso dello studio condotto da Enell A, F Fuhrman, L Lundin, P Warfvinge, G
Thelin. Polycyclic aromatic hydrocarbons in ash: Determination of
total and leachable concentrations. Environmental Pollution 2008; 152 (2):285-292). Altro
studio condotto in Svizzera indotto dalla somministrazione, a terreno di bosco,
di cenere prodotta da una caldaia alimentata a cippato di legno con un
contenuto di IPA di 16.800 microgrammo/kg. Cinque mesi dopo l’applicazione
della cenere, rispetto al terreno di controllo, la concentrazione di IPA
risultava addirittura sei volte maggiore (Bundt
M, M Krauss, P Blaser, W Wilcke. Forest fertilization with wood ash: effect on the
distribution and storage of polycyclic aromatic hydrocarbons and
polychlorinated biphenyls. Journal
of environmental quality2001; 30 (4): 1296- 1304);
altro
processo impattante ed inquinante è la fermentazione, considerato che sono
numerosi gli studi scientifici italiani e stranieri che “con carattere di
evidenza” documentano seri rischi di danni alla salute, sia a breve che a lungo
termine, in popolazioni che vivono in aree dove siano presenti impianti a
biomassa e biogas e riferibili alle emissioni di H2S (idrogeno solforato)
prodotto appunto dal processo di fermentazione, che le attuali tecniche di
neutralizzazione non sono ancora in grado di annullare. L’idrogeno solforato è
una sostanza estremamente tossica poiché irritante ed asfissiante. A
concentrazioni di 715.000 microgrammi/mc, per inalazione, può causare la morte
in 5 minuti ( studio sulla tossicità effettuato del Canadian Centre for Occupational
Health and Safety 2001) L’inquinamento delle acque con H2S provoca moria di
pesci, l’effetto sulle piante è cronico per la sottrazione di microelementi
essenziali per il funzionamento dei sistemi enzimatici. Nei confronti dei
materiali mostra una discreta aggressività per i metalli, provocandone un
rapido deterioramento (caratteristiche inquinanti a cura dell’Agenzia regionale
per la protezione ambientale della Toscana - ARPAT);
la
motivazione principale per cui gli impianti a biomassa sono stati inseriti
nelle politiche di “Green Economy” è il bilancio di emissione di CO2, in quanto
si assume che la CO2 liberata dalle biomasse al momento della loro combustione
sia quella catturata e assorbita dalla pianta nei decenni precedenti
dall’atmosfera. Nel bilancio complessivo le emissioni di CO2 da biomassa
sarebbero pertanto nulle. Purtroppo però sempre più studi stanno evidenziando
che la “neutralità”, in termini di emissioni di CO2 dell’utilizzo di biomasse a
scopi energetici non risulta corretta, poiché l’assunzione che il carbonio
rilasciato dalla combustione sia quello assorbito dalla pianta durante la sua
crescita non tiene conto dell’uso del suolo necessario a tale crescita e della perdita
di capacità di stoccaggio di carbonio delle foreste e dei boschi, tant’è che
anche l’Europa da alcuni anni ha rivisto il suo iniziale forte sostegno a
queste tecnologie. Lo stesso Comitato scientifico dell’Agenzia Europea per
L’Ambiente ha sottolineato che la sostituzione di combustibili fossili con
biomasse non porta, di per sé, ad una riduzione delle emissioni climalteranti.
L’errore in cui si incorre nel fare ciò, infatti, consiste nel dimenticare che
se le biomasse non fossero coltivate a fini energetici, il suolo (o le
piante)assumerebbero comunque una certa quantità di carbonio. In sostanza, la
“neutralità” in termini di emissioni di carbonio dell’utilizzo delle biomasse
consiste in una sorta di doppio conteggio, perché da un lato si considera la
capacità di stoccaggio di carbonio della pianta per annullare le emissioni al
camino della combustione della biomassa, dall’altro si conteggia comunque tale
capacità di assorbimento nella riduzione complessiva delle emissioni
climalteranti. Come ammesso dallo stesso Comitato scientifico, questi errori
sono stati assunti alla base di numerosi provvedimenti per il sostegno delle
bioenergie, come nel caso della direttiva 2009/28/CE sulla promozione
dell’utilizzo delle energie rinnovabili. In questo, già di per sé, errato
bilancio non sono state altresì incluse le emissioni inevitabilmente rilasciate
dalla raccolta,dallo stoccaggio, dalla lavorazione, essiccatura e mobilitazione
del legno. (fonte: Dossier di Nomisma. Società di ricerca in campo energetico
ed ambientale);
per
di più, l’Associazione internazionale di scienziati e ricercatori in tema
ambientale e salute (“Union of Concerned Scientists”) sostengono che la scienza
ha sollevato significanti dubbi sull’uso della legna nell’ambito bioenergetico
come metodologia a basse emissioni di carbonio. E che vi è una chiara assenza
di benefici a livello di emissioni, considerando anche le deforestazioni ed i
disboscamenti di cui non si è tenuto conto nelle valutazioni;
a
metterci a disposizione elementi decisionali determinanti e risolutivi è il
Rapporto “Qualità dell’aria in Europa 2016” pubblicato dall’Agenzia Europea per
l’Ambiente (AEA) che stima 467 mila morti premature ogni anno attribuibili
all’inquinamento in Europa, 91.000 in Italia (maglia nera), e per il quale il
Parlamento Europeo ha approvato una direttiva per imporre limiti più bassi ai
principali inquinanti con l’obiettivo di abbassarne entro il 2030. Questo
monitoraggio individua in primis le polveri ultrasottili come responsabili
delle centinaia di migliaia di morti premature. Circa l’85% degli abitanti
dell’UE ed in Italia 9 su 10 sono stati
esposti a inquinamento da particolato a livelli ritenuti dannosi per la salute
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.). Fonte principale riscontrata
dal Rapporto è la combustione di carbone e biomassa da parte di industrie,
centrali elettriche e famiglie. Congiuntamente a ciò, è d’obbligo tenere
presente e ricordare la Direttiva 2006/12/CE con la quale, tra altre misure, si
riportano misure necessarie per assicurare che rifiuti e/o scarti siano
smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza arrecare pregiudizio
all’ambiente.
RITENUTO:
di
fare proprie e dare voce alle preoccupazioni, fondate su criteri scientifici
ampliamente dimostrati, e manifestate dai cittadini di questo Comune, di cui
questa Giunta ricordiamo essere rappresentativa, ma anche dei cittadini e
rappresentanti istituzionali dei Comuni limitrofi, in ordine alla realizzazione
di questa tipologia di impianti inevitabilmente inquinanti;
imprescindibile
dovere di ciascun amministratore locale profondere ogni sforzo per la
salvaguardia della compatibilità ambientale, per la tutela dei potenziali
rischi per la salubrità dell’ambiente, per la tutela della salute pubblica, per
la tutela della biodiversità, delle produzioni agricole di pregio consolidate
sul nostro territorio, biologiche e tipiche;
necessario
salvaguardare l’autonomia dei territori, nel rispetto delle Leggi sovra citate,
in ordine alle scelte fondamentali e condizionanti lo sviluppo futuro del
proprio territorio;
fondamentale
tutelare l’immagine del territorio a vocazione principalmente agro turistica,
che potrebbe esserne irreversibilmente deturpata, senza per giunta sufficienti
garanzie a tutela dei cittadini e non dimenticando l’adesione di codesto Comune
alle Città Slow, di risonanza internazionale, inevitabilmente in evidente
contrasto con l’accoglimento sul territorio di impiantistiche inquinanti;
che
altri stati europei, come la Germania e la Svezia, all’avanguardia nell’uso di
queste tecnologie, stanno rivalutando da tempo la bontà di questa tipologia di
centrali come ampiamente esposto. Per di più, (ad esempio in Germania) si sta
riscontrando che il trattamento cui è sottoposto il “digestato” non sia
sufficiente ad eliminare cariche batteriche nocive per le coltivazioni;
imprescindibile,
alla luce delle evidenze scientifiche emerse, la necessità di individuare dei
parametri di distanza di insediamento al fine di esercitare le tutele
succitate. In tal misura la proposta normativa adotta le simulazioni effettuate
da ARPA Umbria su gli impatti inquinanti di maggior rilievo riscontrabili nei
m. 3000;
IPEGNIAMO
SINDACO E GIUNTA AFFINCHE’
a
recepire ed integrare nel proprio P.R.G (Parte
Strutturale – Norme tecniche di Attuazione, ai sensi dell’art. 32 L.R. 21
gennaio 2015, ed ai sensi dell’art. 21 L.R. 21 gennaio 2015 che al punto
h) “stabilisce, con riferimento alle
discipline relative all’inquinamento acustico, elettromagnetico,luminoso e da
immissioni nell’atmosfera, eventuali verifiche da effettuare per gli
insediamenti interessati,in sede P.R.G., Parte Operativa”) la norma di
seguito elaborata e trascritta in merito all’oggetto:
“Articolo….
- Impianti a biomassa e biogas.
Gli impianti per la
produzione di energia elettrica alimentati da biomasse e biogas da realizzarsi
nel territorio comunale non possono essere di potenza nominale superiore a 50 KW elettrici.
Salvo quanto previsto al
comma che precede, la realizzazione di centrali a biomassa e biogas è
consentita esclusivamente agli imprenditori agricoli, singoli o associati, con
finalità di autoconsumo e
di scambio sul posto.
L’approvvigionamento della
biomassa, di qualsiasi tipologia, dovrà comunque avvenire tramite materie prime
rinnovabili disponibili sul territorio, nel rispetto del principio della
“filiera corta”.
Per biomassa da filiera
corta si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui
provenienti dall’agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, e dalla
silvicoltura e dalla industrie connesse, prodotti entro il raggio di 30 km
dall’impianto di produzione dell’energia elettrica.
La lunghezza del predetto
raggio è misurata come la distanza in linea d’aria che intercorre tra
l’impianto di produzione dell’energia elettrica e i confini amministrativi del
Comune in cui ricade il luogo di produzione della biomassa.
A garanzia della
tracciabilità della biomassa, i produttori di energia dovranno acquisire e
trasmettere all’Amministrazione Comunale,per ogni singolo fornitore della
biomassa, una serie di informazioni di dettaglio circa:
- I fornitori stessi della biomassa;
- Le specie e caratteristiche di ciascuna
materia prima;
- La relativa superficie di produzione e
i dati catastali;
- Il quantitativo di prodotto trasportato
ed impiegato per la produzione di energia;
- La metodologia di trasporto utilizzata
ed il relativo percorso.
E’ vietato l’utilizzo di
qualsivoglia materia derivante da rifiuti o da attività di depurazione.
Le distanze minime
di rispetto per la costruzione degli impianti dovranno essere di m. 3.000 da
edifici singoli (residenziali, rurali, insediamenti commerciali e/o produttivi
o di pubblico servizio), di m. 3.000 dal centro abitato (dal limite esterno) e
di m. 3.000 tra un impianto e l’altro, nonché di m. 3.000 dagli insediamenti
esistenti che rivestono valore storico culturale (art.18 del Regolamento Regionale 25
marzo 2010 n.7) e dagli ambiti di pertinenza degli edifici di particolare rilevo
architettonico e paesaggistico (architettura
religiosa, militare, ville e siti archeologici) come indicati all’art. 29 della
L.R. 27/2000 e s.m. e i. e dagli ambiti di pertinenza degli edifici ricadenti nelle aree agricole
censiti quali immobili di interesse storico, architettonico e culturale ai sensi dell’art.33, comma 5 della
L.R. n.11/2005, nonché dagli ambiti di pertinenza degli edifici o complessi edilizi
riconosciuti quali beni culturali ai sensi del D.Lgs
n. 42/2204 e s.m. e i. normativa di riferimento: art.18 del Regolamento
Regionale 25 marzo 2010 n.7; art. 29 della L.R. n. 27/2000 e s.m. e i.; art.
33, comma 5 della L.R. n. 11/2005; D.Lgs n. 42/2004 e s. m. e i.
Le centrali a biomassa e
biogas finalizzate
all’autoconsumo,
di cui al comma 2, dovranno essere realizzati ad una distanza minima di m. 500 dagli immobili di cui al comma che
precede.
Nel rispetto dell’art. 216
del Testo Unico delle Leggi Sanitarie 27 luglio 1934, n.1265, per poter
realizzare l’impianto è necessario certificare che il suo esercizio non reca
nocumento alla salute del vicinato.
Nel rispetto della
Direttiva 2008/50/CE, del D.Lgs 13 agosto 2010, n. 155 e del Piano Regionale
della qualità dell’aria, l’impianto deve funzionare in modo tale da non
peggiorare la qualità dell’aria.
I progetti e le proposte di
progetto d’impianti a biomassa e biogas, anche finalizzati all’autoconsumo, a
prescindere dalla potenza nominale e al titolo abilitativo necessario, devono
essere tempestivamente partecipati alla comunità cittadina”.
Città della Pieve 16/01/2018
Il Capogruppo
M5S
Ilaria
Gabrielli
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