sabato 13 febbraio 2016

CUORE VERDE O CUORE RADIOATTIVO?




Anche l’Umbria ha la sua terra dei fuochi. 

Il problema del milione di tonnellate di cenere di carbone, presumibilmente radioattive, nella zona artigianale nel comune di Fabro, è stato presentato lo scorso dicembre 2015 dai portavoce umbri del M5S, in ogni sede istituzionale, compreso il Parlamento Europeo. Per coloro che ancora non sono al corrente, l’oggetto delle interrogazioni effettuate da M5S riguarda sversamenti risalenti a circa trenta anni fa, relativi a materiale radioattivo derivante dalla combustione di carbone proveniente dalla centrale Enel di La Spezia. In questa vicenda - che ricorda in modo inquietante il devastante massacro di una delle terre più potenzialmente fruttifere d’Italia, la zona campana tra Napoli e Caserta alias terra dei fuochi - sarebbero coinvolti anche i comuni di Panicale e Piegaro, i cui sindaci hanno chiesto all’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) le analisi relative ai loro territori. Purtroppo si teme che anche altri luoghi, tra cui Città della Pieve, debbano, e non da oggi, nutrire seri motivi di preoccupazione. Per questo motivo, a tutela della cittadinanza che da tempo chiede risposte, abbiamo ritenuto necessario presentare una mozione per sollecitare il primo garante della salute dei cittadini, il sindaco Scricciolo, a comunicare all’Arpa le aree in cui negli anni sono avvenuti sversamenti per poter effettuare i dovuti accertamenti.

L’Arpa scrive che le analisi compiute nell’area della zona industriale e artigianale denominata “Borgosole” nel comune di Fabro, hanno consentito di “accertare vari superamenti delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC), per solfati, boro e manganese e tetracloroetilene (PCE)”. Senza voler fare del catastrofismo gratuito, va considerato che la cementificazione dell’area in questione ha contenuto le radiazioni entro i valori consentiti, ma l'Arpa ha appurato che la concentrazione radioattiva raddoppia in campioni di terreno più superficiali; altrove però, per esempio nell’area del campo sportivo di Ponticelli, non ci sono infrastrutture che fanno da barriera. Pertanto potrebbe esserci una maggiore e più perniciosa volatilità delle radiazioni, senza considerare la contaminazione delle falde acquifere.

Pur sapendo che non si tratta di residui di provenienza ligure, un’ultima considerazione: il cosiddetto “Campo nero” pievese… perché si chiama così? Chi ha l’età per ricordarlo racconta di polvere nera che si alzava copiosa ad ogni corsa; eh già, perché in questo caso parliamo di un campo di calcio, area destinata ai nostri ragazzi che dovrebbero usufruirne per praticare sport in modo salubre e benefico per la loro salute. Dettaglio non marginale poiché la destinazione dei siti è essenziale per valutare la pericolosità della loro composizione. La stessa Arpa chiede che privati cittadini segnalino cosa negli anni hanno eventualmente notato, al fine di allargare le indagini e monitorare in modo utile il territorio sul quale tutti viviamo e sul quale crescono i nostri figli. In questo senso rimarcando l’importanza della partecipazione attiva della cittadinanza, come da sempre caldeggia il M5S.


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