Anche l’Umbria ha la sua terra dei fuochi.
Il problema del
milione di tonnellate di cenere di carbone, presumibilmente radioattive, nella
zona artigianale nel comune di Fabro, è stato presentato lo scorso dicembre
2015 dai portavoce umbri del M5S, in ogni sede istituzionale, compreso il
Parlamento Europeo. Per coloro che ancora non sono al corrente, l’oggetto delle
interrogazioni effettuate da M5S riguarda sversamenti risalenti a circa trenta
anni fa, relativi a materiale radioattivo derivante dalla combustione di
carbone proveniente dalla centrale Enel di La Spezia. In questa vicenda - che
ricorda in modo inquietante il devastante massacro di una delle terre più
potenzialmente fruttifere d’Italia, la zona campana tra Napoli e Caserta alias
terra dei fuochi - sarebbero coinvolti anche i comuni di Panicale e Piegaro, i
cui sindaci hanno chiesto all’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione
Ambientale) le analisi relative ai loro territori. Purtroppo si teme che anche
altri luoghi, tra cui Città della Pieve, debbano, e non da oggi, nutrire seri
motivi di preoccupazione. Per questo motivo, a tutela della cittadinanza che da
tempo chiede risposte, abbiamo ritenuto necessario presentare una mozione per sollecitare
il primo garante della salute dei cittadini, il sindaco Scricciolo, a
comunicare all’Arpa le aree in cui negli anni sono avvenuti sversamenti per poter
effettuare i dovuti accertamenti.
L’Arpa scrive che le analisi compiute nell’area della zona industriale
e artigianale denominata “Borgosole” nel comune di Fabro, hanno consentito di “accertare vari superamenti delle
Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC), per solfati, boro e manganese e
tetracloroetilene (PCE)”. Senza
voler fare del catastrofismo gratuito, va considerato che la cementificazione
dell’area in questione ha contenuto le radiazioni entro i valori consentiti, ma
l'Arpa ha appurato che la concentrazione radioattiva raddoppia in campioni di
terreno più superficiali; altrove però, per esempio nell’area del campo
sportivo di Ponticelli, non ci sono infrastrutture che fanno da barriera.
Pertanto potrebbe esserci una maggiore e più perniciosa volatilità delle
radiazioni, senza considerare la contaminazione delle falde acquifere.
Pur sapendo che non si tratta di residui di provenienza
ligure, un’ultima considerazione: il cosiddetto “Campo nero” pievese… perché si
chiama così? Chi ha l’età per ricordarlo racconta di polvere nera che si alzava
copiosa ad ogni corsa; eh già, perché in questo caso parliamo di un campo di
calcio, area destinata ai nostri ragazzi che dovrebbero usufruirne per
praticare sport in modo salubre e benefico per la loro salute. Dettaglio non
marginale poiché la destinazione dei siti è essenziale per valutare la
pericolosità della loro composizione. La stessa Arpa chiede che privati
cittadini segnalino cosa negli anni hanno eventualmente notato, al fine di
allargare le indagini e monitorare in modo utile il territorio sul quale tutti
viviamo e sul quale crescono i nostri figli. In questo senso rimarcando l’importanza
della partecipazione attiva della cittadinanza, come da sempre caldeggia il M5S.
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